Fra le bellezze architettoniche veronesi meno note si colloca di diritto l’originale costruzione posta proprio di fronte alla celebre porta romana dei Leoni. Si tratta di Palazzo Pinali De Stefani, eretto fra il 1818 e il 1829 dall’avvocato Gaetano Pinali (1759 – 1846), curiosa figura di leguleio e collezionista di antichità, ma anche teorico di architettura e urbanistica fra ‘700 e ‘800. Fu lui a salvare dopo la morte l’intera biblioteca dell’architetto veneziano Tommaso Temanza.
Innamorato della sua città e dei fasti del suo passato, passò la vita fra le aule dei tribunali e la ricerca di pezzi archeologici. Amico del mecenate Andrea Monga, lo seguì negli scavi che iniziarono a riportare in luce il Teatro Romano.
Pinali si scagliò contro quelli che allora considerava scempi contro il patrimonio storico – artistico, come lo smantellamento dell’arco romano dei Gavi presso Castelvecchio e l’erezione dell’ospedale in piazza Bra.
Di formazione illuministica, giacobino e filofrancese, con la restaurazione austriaca ebbe vita difficile: non è un caso che le autorità cittadine gli resero la vita impossibile quando Pinali presentò il progetto del palazzo. Dopo anni di battaglie legali vinse e alla sua morte le sue collezioni d’arte (anche preziosi disegni del Palladio) finirono alle biblioteche e ai musei di Verona e Vicenza. Questo singolare edificio, isolato sui quattro lati, è ricco di citazioni e suggestioni stilistiche che si rifanno alla Verona romana e alle antichità classiche. In omaggio alla prospiciente Porta Leoni, Pinali studiò infatti come motivo decorativo ricorrente la testa di leone. La forma del complesso architettonico, molto lunga e stretta, è un unicum nel panorama edilizio del centro storico scaligero e merita di essere ricordata come il suo primo, dottissimo proprietario.