Forse solo chi ama realmente la propria città riesce ad essere obiettivo e rifugge da tentazioni campanilistiche. Da storico dell’arte e da presidente di un’associazione culturale veronese in linea di principio posso comprendere la candidatura di Verona a Capitale Italiana della Cultura 2022. Ma svestiti i panni del tifoso, indosso con prontezza quelli dell’avvocato del diavolo e mi chiedo: perché Verona?
Le ragioni del sì sembrano ovvie, il centro storico brulica di monumenti straordinari (Arena, Teatro Romano, Castelvecchio), il fiume Adige è un’attrattiva notevole nello scenario urbano, il richiamo della stagione lirica areniano è indubbio. Per non parlare del clou turistico della cosiddetta Casa di Giulietta, meta del turismo di massa ammaliato dal mito shakespeariano.
Dal 2000 poi Verona gode del prestigioso riconoscimento da parte dell’UNESCO di Patrimonio Culturale dell’Umanità grazie alle fortificazioni che dal periodo medievale e rinascimentale fino alla dominazione austriaca ottocentesca l’hanno fatta assurgere ad uno fra i più importanti esempi di piazzaforte militare del passato. Cosa c’è dunque da obiettare? Che Verona sta inesorabilmente scendendo di livello, come qualità della vita, per la sempre più accentuata carenza di verde, per l’inquinamento atmosferico.
E’ cambiata in peggio: chiese e palazzi, nonostante talvolta mirabili interventi di restauro, appaiono come isole di bellezza in un mare di squallore e sporcizia. Buche, strade sconnesse, toppe di asfalto a casaccio, tappeti di mozziconi di sigarette sono il simbolo di questa triste decadenza. Una realtà indegna del rango che compete a una città d’arte come la nostra. Non è tollerabile che le più belle piazze, Piazza Bra, Piazza Erbe, Piazza dei Signori, Piazza San Zeno, vengano sfigurate in occasione di manifestazioni, fiere ed eventi spesso in stridente contrasto con la delicatezza del contesto. Non si può accettare che sempre più spesso vengano invase da bancarelle, baracche, palchi, casette, addirittura piste di pattinaggio su ghiaccio e improbabili mercatini bavaresi. Una Verona simil Gardaland non ha senso, come non lo hanno, a nostro modesto parere, le scenografie di cartapesta che pubblicizzano l’opera lirica in Arena posizionate davanti ad alcuni complessi di interesse storico – artistico di alto livello come la cinquecentesca Porta Palio o Porta Vescovo.
Non bastano il Carnevale o la Festa della Renga per fare cultura, servono professionisti di rango della gestione dei beni culturali e la creazione di eventi di rilievo internazionale, come il Festival della Letteratura della vicina Mantova. Abbiamo lasciato nel dimenticatoio una rassegna internazionale cinematografica che avrebbe potuto e dovuto essere rilanciata. Una pianificazione culturale vera non può prescindere dalla riconversione dell’immenso patrimonio edilizio storico oggi abbandonato o sottoutilizzato, dalle mura a Castel S. Pietro, a palazzo Bocca Trezza in Veronetta, all’Arsenale e molto altro.
Quanti tesori artistici potrebbero essere messi in luce e valorizzati, rivitalizzando l’economia cittadina? Perché non creare una vera rete anche fra le istituzioni culturali private, come il Museo Miniscalchi Erizzo o la collezione Carlon di Palazzo Maffei? Per correre ai ripari ed invertire la rotta, per meritarci la candidatura, dovremmo avere degli amministratori pubblici lungimiranti, coraggiosi e illuminati, nominati per competenza e non per convenienza o appartenenza politica: non ci pare di vederne all’orizzonte……
DOTT. RICCARDO BATTIFERRO BERTOCCHI – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE CULTURALE PROGETTO MUSA ANTIQUA