Più volte in queste pagine abbiamo posto l’accento sulla necessità di usare la leva fiscale per promuovere la conservazione dell’immenso ed eccezionale patrimonio storico – artistico italiano, in special modo per quello in capo a proprietari privati che devono affrontare rilevanti costi di gestione per le loro dimore d’epoca. Se il legislatore tributario aveva per questo motivo sempre previsto in passato misure di riguardo, a partire dal 2014, con l’entrata in vigore dell’articolo 10 del D. Lgs. 23/2011 e dell’articolo 26 del D. Lgs. 104/2013, si è di fatto sancita l’abrogazione di quasi tutte le disposizioni agevolative previste per gli immobili di interesse storico – artistico.
La prima spallata agli sgravi fiscali sui beni culturali privati è stata data dalla cancellazione della disposizione che consentiva di assumere quale reddito fondiario la rendita catastale determinata in base alla minor tariffa d’estimo vigente per le abitazioni situate nella stessa zona censuaria. Con questa norma l’immobile non veniva sottoposto a tassazione sul maggiore fra canone di locazione e rendita catastale rivalutata, ma solo in base alla sua rendita catastale.
Per quanto riguarda le imposte di trasferimento, oggi agli immobili sottoposti a dichiarazione di interesse artistico si applica l’imposta di registro con aliquota del 9% con un minimo di 1.000 €; oltre all’imposta ipotecaria e a quella catastale nella misura fissa di € 50 ciascuna.
In pratica allo stato attuale gli immobili di interesse storico – artistico hanno perso ogni tipo di agevolazione rispetto agli altri edifici. L’imposta di successione è invece ancora legata, per i beni vincolati, ai dettami dell’articolo 13 del D. Lgs. 346/90, che riconosce l’esclusione dalla base imponibile per i beni già sottoposti a vincolo al momento dell’apertura della successione e la riduzione del 50% per immobili non ancora sottoposti a vincolo pur avendo le caratteristiche di un immobile storico – artistico.
Per la donazione di tale tipologia immobiliare si ha un’imposta di registro in misura fissa di 200 €. Invece, per quanto riguarda IMU e TASI, gli immobili ricompresi fra quelli indicati nell’articolo 10 del D. Lgs. 42/2004 come di interesse storico, artistico o architettonico, possono ottenere una riduzione pari al 50% della rendita catastale al fine del calcolo della base imponibile.
Concludiamo dicendo che azzerare di fatto le agevolazioni fiscali per i proprietari di immobili storici è un gravissimo segnale per il nostro patrimonio culturale: molto spesso case, palazzi, castelli non appartengono più a famiglie con grandi patrimoni, ma a comuni mortali che per varie vicende ne sono entrati in possesso. Anche nel caso di vendita, non potendo più applicare l’imposta di registro ridotta al 3% ma quella più onerosa del 9%, il proprietario non riuscirà a trovare acquirenti come un tempo. Il rischio concreto è che in un futuro prossimo l’Italia sia un insieme di affascinanti rovine che nessuno sarà in grado di poter salvare e restaurare, una necropoli architettonica che rispecchierà, una volta di più, l’insipienza di chi dovrebbe amministrare la “Res Publica”…..
Dott. RICCARDO BATTIFERRO BERTOCCHI
Presidente Associazione Culturale PROGETTO MUSA ANTIQUA